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Sindrome rabdomiolitica
La sindrome rabdomiolitica è una grave o persino gravissima forma di intossicazione da funghi a lunga incubazione, che di norma si manifesta tra le 24 e le 72 ore dopo che sono stati ingeriti funghi della specie Tricholoma equestre.
Sindrome rabdomiolitica
INDICE
🔴 Sinonimi: Rabdomiolisi, Rabdomiolisi da Tricholoma equestre
La sindrome rabdomiolitica è una grave o persino gravissima forma di intossicazione da funghi a lunga incubazione, che di norma si manifesta tra le 24 e le 72 ore dopo che sono stati ingeriti funghi della specie Tricholoma equestre.
La tossina responsabile dell’intossicazione al momento rimane tenacemente misteriosa.
Per quanto proseguano da tempo gli studi su questa specie fungina, non è stato ancora possibile individuare una particolare molecola a cui attribuire la causa delle gravi intossicazioni.
Al momento si sa per certo che, qualunque parte del fungo, si è rivelata ugualmente tossica, sui topi in laboratorio.
SINTOMATOLOGIA
L’intossicazione da funghi Tricholoma equestre, ovvero la sindrome rabdomiolitica o Rabdomiolisi, si manifesta con una progressiva e marcata distruzione delle cellule dei muscoli volontari e del muscolo cardiaco, ma può interessare anche i muscoli respiratori, portando in questo caso a morte quasi certa.
I primi sintomi compaiono già nell’arco di 3-4 ore dopo il pasto a base del fungo incriminato, per incrementare e diventare sempre più diffusi tra le 24 e le 48 ore, fino alle 72 ore.
Di norma le tossine non colpiscono lo stomaco o l’intestino, al più potrebbe subentrare una subdola sensazione di nausea.
All’inizio, chi ha mangiato questi funghi, prova debolezza e spossatezza a causa di una marcata astenia all’origine di un progressivo indebolimento di tutti gli organi interni. Il senso di fatica è sempre accompagnato da dolori muscolari crescenti (mialgia) con rigidità muscolare tra polpacci e gambe in genere, cui subentrano anche crampi e difficoltà di movimento con intensa sudorazione cui segue nell’immediato, eritema facciale e danni renali che si manifestano attraverso urine scure (mioglobinuria).
Le molecole del Tricholoma equestre entrano rapidamente in circolo nel corpo. Non provocano danni al fegato, ma da qua passano rapidamente ai reni dove diventano insolubili e cristallizzano rapidamente accumulandosi nei tubuli renali, così da provocare una grave insufficienza renale.
Oltre a questo già grave quadro clinico, la mialgia potrà rapidamente interessare anche il muscolo cardiaco e quindi potrà sopraggiungere anche una grave insufficienza cardiaca a seguito della necrosi dei muscoli striati, prima del diaframma, poi del cuore e contestualmente, o anche antecedentemente, anche dei polmoni.
Al momento non esistono trattamenti terapeutici per questa grave forma di intossicazione da funghi.
In caso di grave intossicazione, la prognosi è sempre riservata e le possibilità che subentri il decesso sono sempre elevatissime.
Intossicazione provocata da un fungo ingiustamente ritenuto commestibile
Per molto tempo si è ritenuto il Tricholoma equeste un buon fungo commestibile.
In molte regioni d’Europa lo si è consumato per secoli e, spesso anche abbondantemente e, forse proprio la frequenza e l’abbonzanza con cui se n’è fatto uso, hanno portato alcune persone ad esser più sensibili alle sue tossine che, nel corso degli anni si sono accumulate nel proprio organismo, scatenando improvvisamente la grave intossicazione.
Le prime notizie di forme di intossicazione-avvelenamento da funghi Tricholoma equestre, con anche i primi decessi associati, risalgono agli anni a cavallo tra il 1999 ed il 2000 quando tra Francia e Spagna si è potuto accertare che, alcuni casi clinici di rabdomiolisi erano sicuramente associabili ad una ingestione abbondante e ripetuta di questo fungo. 12 i casi accertati, di cui 3 con esito mortale.
Benché fino allora in Italia il Tricholoma equestre facesse parte delle specie commestibili, negli allegati del DPR n. 376/1995, con l’Ordinanza del 20 agosto 2002, pubblicata in Gazzetta Ufficiale col numero 201 del 28 agosto 2002, il nostro Ministero della Salute, ne ha vietato, e lo vieta tutt’ora, la raccolta, la commercializzazione, il consumo alimentare, ivi inclusa la conservazione in ogni forma.
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