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Arbustus unedo o Corbezzolo, ottimi i frutti ma attenti alle ubriacature
Un’ottima pianta da funghi che micorriza con Porcini e Ovoli, dalle tante proprietà nutrizionali: disinfettanti, antinfiammatorie e diuretiche ma, attenzione a non abusare dei suoi frutti perché potrebbero urbriacarti!
Arbustud unedo o Corbezzolo
Arbutus unedo L. 1753 , Corbezzolo o Albatro
INDICE
Prima di descriverti questo alberello tipico della Macchia Mediterranea, o comunque del Clima Mediterraneo, è necessario partire dalle origini del suo nome.
LE ORIGINI DEL NOME ARBUTUS UNEDO
Arbutus è stranamente, un termine di antichissima origine celtica che significa: ar → aspro + butus → cespuglio, ovvero: cespuglio aspro.
Il termine Unedo invece ha origini latine da unus → uno, ed edo → edibile.
Unus+edo formano la parola Unedo che significa → ne mangio uno solo.
Non è un caso che questo arbusto abbia un nome così singolare, assegnatogli in epoca romana da Plinio il Vecchio, con l’intento di sottolineare come fosse sconveniente fare scorpacciate dei suoi frutti di cui sarebbe bene mangiarne uno solo! sia per gli effetti collaterali indesiderati, sia perché, a detta dello stesso Plinio, si trattava di un frutto insipido ed insignificante, che non giustificava l’apprezzamento che invece ne faceva la plebe.
Sin dall’epoca romanica si attribuivano ai suoi frutti poteri magici, nulla di più vero, se non che, la magia di questo frutto è che, se mangiato crudo in quantità può avere effetti allucinogeni con giramenti di testa e vertigini, molto simili agli effetti di una ubriacatura.
Ciò è dovuto alla presenza di alcaloidi che possono disturbare lo stomaco provocando indigestioni, perciò i suoi frutti andrebbero consumati con grande parsimonia.
Oggi si sta cercando di ovviare a questi piccoli inconvenienti mettendo a punto ibridi che, oltre a migliorarne l’aspetto ornamentale, possano anche attenuare la presenza di questi alcaloidi naturali. Ma di questi aspetti ti parlerò meglio più avanti.

La carta d’identità dell’Arbutus unedo o Corbezzolo, ed i segni distintivi

Portamento
Si tratta di una pianta arbustiva che può raggiungere facilmente i 10/12 metri, pur presentandosi spesso come un cespuglio di grandi dimensioni e molte ramificazioni.
Chioma
É densa e tondeggiante, anche se spesso slanciata verso l’alto. Quando cresce nel sottobosco dei Lecci o delle Sughere, tende a cercare la luce del sole, crescendo più in altezza che non in larghezza ma, se si trova isolato e fuori dal bosco, allora cresce più in larghezza che non in altezza.

Fusto
Il fusto può essere slanciato ma anche sinuoso con molte ramificazioni, e raggiungere dimensioni notevoli per una specie arbustiva. In area mediterranea si possono rinvenire esemplari con tronco di dimensioni relativamente grandi, il cui legno, molto aromatico, è apprezzato per la cottura del pane e della carne in forno a legna, oltre che per usi artigianali, trattandosi di legno molto pesante e robusto.
Arbustud unedo o Corbezzolo è considerato, oltre che un ottimo arbusto decorativo sempreverde, anche una pianta assai efficace per scopi ambientali. Si adatta perfettamente ai suoli inariditi dalla siccità, proteggendoli dall’erosione, e resiste perfettamente agli eccessi di calore, anche conseguenti ad incendi. Può emettere vigorosi polloni subito dopo il passaggio del fuoco, creando l’ombra giusta a far rinascere più rapidamente la flora tipica del sottobosco, in particolar modo della Gariga e della Macchia Mediterranea.

Corteccia
Il fusto del Corbezzolo è coperto da una sottile corteccia squamosa, inizialmente verdognola poi, col passare degli anni, di colore sempre più bruno-rossiccio, che risulta rugosa e fessurata negli esemplari giovani, ma che può sfaldarsi in placche allungate come fogli di carta, simili alla corteccia dell’Eucalipto negli adulti. Se si spoglia un fusto della sua corteccia, si scopre un colore verde-giallognolo.

Foglie
Le foglie sono alterne, con picciolo corto, ovali, glabre con lamina obvato/lanceolata, e margine dentellato/seghettato con piccoli denti acuti, lucide e di colore verde scuro nella superficie superiore ma opache e più chiare con nervature bianche in rilievo nella superficie inferiore, dove frequentemente compaiono macchie marroni spesso tondeggianti. Il Corbezzolo appartiene alle piante sclerofille → ovvero con foglie coriacee sempreverdi.

Fiori
Sono ermafroditi → i cui organi sessuali, ovvero i gameti dei due sessi, si trovano all’interno di uno stesso individuo, ed attinomorfi, ovvero → caratterizzati da simmetria raggiale, perciò perfettamente simmetrici. Compaiono sulla pianta a partire da fine Autunno, di solito a partire da Ottobre, e terminano la fioritura in piena primavera, con ultime fioriture fino alle porte dell’estate quando, sulla pianta sono presenti in contemporanea fiori, frutti acerbi e frutti maturi.
Sono riuniti in grappoli detti racemi penduli, che possono contenerne fino a 15/35, questi sono di colore bianco, bianco crema o bianco rosato. Sono in pratica delle piccole lanternine con corolla orciolata → ovvero ristretta all’orlo e rigonfia in mezzo, a mo’ di orcio, che termina con cinque piccoli denti ripiegati verso l’esterno. Sono inoltre provvisti di antere → la parte terminale degli stami, che sono gli organi sessuali maschili, che si presentano di colore rosso scuro con due cornetti gialli.
Impollinazione e Miele
I fiori del Corbezzolo sono ricchissimi di nettare che attrae un gran numero di insetti che se ne cibano.
Anche le Api sono ghiotte del loro nettare, da cui ricavano un miele dal sapore amarognolo molto aromatico, non sempre però questo miele è disponibile perché la fioritura di questo arbusto avviene proprio durante la stagione invernale, quando le Api potrebbero non essere attive.
Un ottimo miele di Corbezzolo si produce normalmente in Sardegna e Sicilia.

Frutti
Una delle caratteristiche più importanti del Corbezzolo, per altro ai più sconosciuta, è che i suoi fiori non fruttificano al termine della fioritura, ma a partire dall’autunno dell’anno successivo.
Questa è l’esatta ragione per cui su di una pianta è possibile osservare in contemporanea la presenza sia di boccioli, che di fiori, frutti acerbi, e frutti maturi.
I frutti sono bacche, quasi tutti di identica forma e grandezza, prossima ai 2 centimetri di diametro, carnose o più esattamente farinose e con poco succo. Hanno una superficie detta tubercolata, per la presenza di numerosi tubercoli che danno al frutto effetto di granulosità insieme con i semi che sono completamente avvolti dalla polpa.

Quest’ultima risulta poco succosa, risulta quasi insapore, soprattutto negli esemplari poco maturi.
Quando questi assumono un colore rosso scuro, quasi bruno, allora hanno raggiunto la piena maturità, cadono facilmente già a seguito di un alito di vento, e risultano decisamente più saporiti dolciastri-aromatici o persino molto zuccherini nei frutti caduti a terra, di cui sono letteralmente ghiotti Merli, Tordi, Ghiandaie ed altri uccelli.

C’è però una farfalla, la Charexes jasius, anche detta Farfalla del Corbezzolo o Vanessa del Corbezzolo, che è particolarmente legata a questo arbusto. In fase larvale si nutre esclusivamente delle foglie, per poi diventare da adulta, assai ghiotta del nettare e delle sostanze zuccherine che succhia dai frutti maturi.
Distribuzione del Corbezzolo
Il Corbezzolo è un arbusto originario del bacino del Mediterraneo e della vicina costa atlantica.
La sua distribuzione oggi è decisamente più ampia rispetto ad alcuni decenni fa, quando ancora non avevano preso il via i noti Cambiamenti Climatici con il Riscaldamento Globale del Pianeta.

Sono gli inverni più caldi, privi di gelate importanti a favorire la propagazione di questa pianta che, non teme tanto il freddo invernale, quanto l’assenza di insetti impollinatori, che potrebbero risultare non attivi nel periodo di fioritura tardo autunnale-invernale.
In realtà il Corbezzolo può sopportare facilmente la neve, alcune gelate notturne con temperature minime fino a -10/-15°C, ed il clima non proprio marino che si può rinvenire in aree collinari fino agli 800 metri al Nord e fino ai 1.000/1.300 metri al Sud.
Oggi che gli inverni si fanno meno pungenti, più corti e più spesso privi di neve persistente o di temperature diurne sottozero, è facile coltivare il Corbezzolo anche sui colli prealpini a Nord del Po.
Tra i balconi collinari termofili del Biellese-alto Novarese e soprattutto attorno ai grandi Laghi del Nord, si possono già trovare in molti giardini, grandi esemplari di almeno 30 anni d’età, che fruttificano abbondantemente pur trovandosi al di fuori del loro areale naturale.
Attorno al Mar Mediterraneo il Corbezzolo vegeta lungo tutte le coste, tranne che attorno alla Laguna Veneta-Friulana, manca lungo le coste del Mediterraneo orientale tra Siria e Libia, tranne in sparute colonie in Libano ed Israele, con presenza su di un piccolo lembo della costa della Penisola Cirenaica libica, per poi tornare presente ovunque dalla Tunisia settentrionale alla costa Atlantica del Marocco.
In Atlantico è presente nelle Isole Canarie ed Arcipelago di Madeira, nell’intera Penisola Iberica, tranne nelle aree più interne della Meseta e lungo la costa Atlantica francese, con colonie che raggiungono le aree interne attorno alla Gironda nel dipartimento della Nuova Aquitania di Bordeaux fino alle coste meridionali della Bretagna con alcune colonie nelle zone termofile interne di questa regione e persino lungo la costa meridionale dell’Inghilterra, soprattutto tra Portsmouth e Bournemouth, in Cornovaglia, ed alcune coste riparate del Galles e dell’Irlanda.
In Italia cresce spontaneo in tutte le nostre isole, dove riesce a vegetare fino in alta montagna, manca nelle aree interne appenniniche oltre gli 800/1.000 metri raggiungendo l’intera Liguria e Francia meridionale, ma fermandosi a Nord, attorno al promontorio del Conero in Adriatico, con una florida colonia al centro del Veneto sui colli Euganei.

Data la sua vasta distribuzione lungo il nostro paese, il Corbezzolo vanta decine di nomi dialettali
Il termine Corbezzolo deriva dal greco κόμαρος (pronuncia kòmaros) ma in Italia questo arbusto è e spesso conosciuto col nome di Albatro oppure Albastro.
Tutti i nomi dialettali si rifanno al Cocomero o alla Fragola d’albero, ovvero nel dialetto locale indicano o l’uno o l’altro, quando non anche la Ciliegia marina.
In alcune regioni è conosciuto come Lellarone, nelle Marche è il Cocomero d’albero, che da il nome al Monte Cònero, oppure la Ciliegia marina (Cerasa marina), in Calabria diventa Cacùmbari italianizzato come Cocomeri o Fragole d’albero, ma anche come le Fragole che ubriacano, con il termine Imbriachi, con lo stesso termine utilizzato dagli inglesi che lo chiamano Strawberry tree ovvero l’albero delle Fragole.
Spesso lo si chiama ancora con i termini antichi di Lemma o Corba dal latino volgare Corbitjus da cui è poi derivato il termine Corbezzolo ma sono ancora in uso anche i termini volgari di Affrico, Arbuto (da Arbutus unedo), Ceraso marino, Cocomero, Murta, Rossello, Rossetto ed Urla.
Tra gli altri nomi dialettali, in Liguria si chiama Lamborsie, o Amurtin, in Piemonte è la Fragola Marina (Frola marina), in Lombardia è il Rosél o il Fragolon, in Veneto è detto Arburin o anche la Fragola di Montagna (Fraghe de montagna) o Cornolaro, In Emilia Romagna è detto Marmelotta; Albatro è il nome nato con l’italiano volgare, ancor oggi in uso in Toscana insieme con il più dialettale nome di Mamponi; Lallerone è il nome utilizzato in Umbria mente nel Lazio è detto Cuccumarra, nell’Abruzzo si riprende il concetto di fragola che ubriaca con il termine dialettale Mbrijachella, Suorvo di Macchia è invece il nome usato in Campania, Rusciolo in Puglia, Rassolillo in Basilicata. In Sicilia si riprende il termine già utilizzato in Calabria di Cacùmbari adattandolo in Aummari, Sciorba o anche Miraculi , a sottolineare l’effetto allucinogeno e la credenza romana che fosse il frutto dei Miracoli. Infine in Sardegna è detto Arbosc o Olidoni.
Habitat
Il Corbezzolo è una pianta Xerofila o Xerofita, che si adatta perfettamente a vegetare in ambienti caratterizzati da lunghi periodi di siccità anche detti Ambienti xerofili → ovvero ambienti dove si può anche riscontrare una elevata salinità del terreno, questo grazie ad una speciale caratteristica delle sue foglie, che sono in grado di trattenere a lungo l’umidità, creando un giusto equilibrio idrico tra assunzione e dispersione d’acqua, con evapotraspirazione controllata attraverso la chiusura dei pori presenti sulle foglie stesse.
Non ama i suoli calcarei, anche se ci si può adattare se l’ambiente risulta tendenzialmente roccioso, poco umido, e preferibilmente caldo e ancor meglio Termofilo. Preferisce di gran lunga i suoli silicei, quindi acidi o al più leggermente acidi, perciò la presenza di una spessa lettiera di materia organica può garantire l’acidità necessaria alla sua vegetazione su suoli calcarei, in questo caso con radici più superficiali e quindi con crescita più compatta e cespugliosa, e non di albero.
Ama il pieno sole e per questo è considerata una pianta eliofila → che si avvantaggia di un’esposizione diretta alla luce del sole e di un’intensa illuminazione, soffrendo viceversa di un’ombra troppo accentuata, tuttavia può vegetare perfettamente anche all’ombra di boschi mediterranei poco fitti, in associazione con il Leccio (Quercus ilex) o nelle Pinete litoranee, oltre che nella Macchia Mediterranea insieme con il Carrubo, l’Erica Arborea, il Lentisco (Pistacia lentiscus), il Mirto (Myrtus communis) e tutte le altre specie arbustive che caratterizzano questo particolare ambiente tipico del Mediterraneo.
Volendo piantarla nel proprio giardino, si raccomanda di evitare suoli argillosi con ristagni d’acqua, meglio posizionarla su di una lettiera di foglie e sabbia che garantiscono un giusto drenaggio del terreno. La Pianura Padana è poco adatta alla sua corretta vegetazione in terreno ma, avendo cura di piantarla in grandi vasi con terriccio e sabbia e proteggendola in serra, o con un telo di tessuto-non-tessuto, durante l’inverno, oggi si può facilmente coltivarla anche nelle nostre città del Nord, grazie ad inverni sempre meno rigidi.
L’impianto può esser effettuato con giovani piantine acquistate in vaso presso un qualunque vivaio, preferibilmente in autunno o in primavera quando il clima è meno estremo, oppure tramite talea semi-legnosa da farsi in giugno-luglio su terriccio fogliaceo-sabbioso, arricchito con letame e mantenuto costantemente umido fino al completo attecchimento.
La riproduzione da seme va effettuata appena terminato l’inverno, tra Febbraio ed Aprile.

Usi e proprietà del Corbezzolo
I frutti del Corbezzolo vengono spesso chiamati sbrigativamente Corbezzoli ma, in realtà sarebbe più corretto chiamarli Corbezzole, benché in molte zone d’Italia le si conosca come Albatre, Albetrelle, Fragole d’albero o Ciliege marine.
Se raccolti ben maturi, quando il colore del frutto vira dal rosso al bruno e la polpa molliccia assume un colore giallo-aranciato, hanno un sapore piuttosto gradevole, dolciastro-aromatico, si possono consumare in piccole dosi, da crudi o anche cosparsi di zucchero, o con l’aggiunta di vino liquoroso.
Ottima è la confettura di Corbezzole. In alcune regioni mediterranee i frutti si usano per farne acquavite ed aceto, così come il cosiddetto ‘vino di Corbezzolo‘ a bassa gradazione alcolica e leggermente frizzante, oltre che assai tipico della Corsica o delle Marche dov’è detto ‘Vinetto‘.
Nel Veneto sono utilizzati nella Mostarda, ma spesso vengono pure caramellati.
Il fogliame è ancora usato come foraggio-alimento per ovini e bovini con azione disinfettante ed antinfiammatoria.
La corteccia è assai ricca di tannini, estratti per la produzione industriale di coloranti o per la concia delle pelli.
Con il legno si produce un eccellente carbone vegetale ma, soprattutto al Sud Italia, si alimentano i formi per la panificazione, grazie alla lunga durata della sua combustione favorita da resine aromatiche in esso contenute, e che conferiscono anche un piacevole aroma al pane.
Per quanto riguarda gli usi erboristici, il Corbezzolo ha moltissime proprietà benefiche ma, ti raccomando di non darti al fai da te e di non sostituire le piante medicinali con le medicine tradizionali, avendo cura di rivolgerti sempre ad una erboristeria nel caso in cui volessi provare le sue proprietà, anziché rivolgerti al web, in particolar modo a pseudo ricette miracolose trovate sui Social.

Le foglie sono la parte del Corbezzolo più ricche di principi attivi
Queste sono ricche di arbutina, un glucoside che svolge un’azione antimicrobica, astringente e disinfettante nel tratto urinario. Ci sono poi tannini, derivati fenolici, resine e gomme. Il tutto, utilizzato dall’industria farmaceutica per l’azione disinfettante, balsamica, antispasmodica ed antinfiammatoria, utile nella cura della cistite e nelle diarree.
I frutti da consumare crudi con parsimonia, per evitare gli indesiderati effetti collaterali dovuti agli alcaloidi che potrebbero dare indigestioni o più in generale effetti allucinogeni o vertigini, sono ricchi di zuccheri, fino al 20%, di pectine, arbutina, steroli vegetali che aiutano a ridurre il colesterolo, flavonoidi e varie Vitamine. Tante proprietà e tanti princìpi attivi però meglio lasciarli utilizzare dall’industria farmaceutica, che può disgiungere le sostanze benefiche da quelle dannose.
Semmai con le foglie del Corbezzolo si può realizzare un decotto che, per uso esterno, può aiutare a rendere più tonica la pelle umana, oltre che la pelle delle concerie.
La Tintura Madre di Corbezzolo da acquistare in erboristeria, è indicata, dietro prescrizione medica, come rimedio naturale in caso di infiammazioni prostatiche e uretriti con discreta azione benefica nella riparazione della mucosa uretrale.
La medicina tradizionale popolare faceva uso di estratti di radice di Corbezzolo contro l’arteriosclerosi.
Il decotto di foglie essiccate veniva utilizzato per dar sollievo al fegato ed alla cistifellea, oltre che ai reni ed alle vie urinarie, con anche un blando effetto febbrifugo ma, te ne sconsiglio vivamente l’uso, se non coadiuvato da un serio e comprovatamente competente dottore, specializzato in medicina naturale.
I FUNGHI DEL CORBEZZOLO
Al contrario di ciò che alcuni lettori potrebbero pensare, il Corbezzolo è un ottimo albero da funghi.
Forse i più sono portati a credere che i funghi del Bosco o Foresta Mediterranea sono sempre associati alle specie arboree superiori quali per esempio il Leccio, la Sughera o altre Querce, in realtà anche il Corbezzolo è un ottimo albero micorrizico.
I funghi del Corbezzolo sono quelli tipici della Macchia Mediterranea o degli Ambienti Termofili classici.

Al Corbezzolo si associa facilmente in primis il Porcino Nero (Boletus aereus) ma anche il Porcino Estatino (Boletus reticulatus), così come tutti gli altri Boleti tipici dell’Ambiente Termofilo, sia commestibili che tossici.
Immancabile, nei mesi autunnali l’Ovolo buono (Amanita cæsarea), che ama vegetare soprattutto dopo buone piogge su substrati ricchi di lettiera di foglie in decomposizione, meglio se al Corbezzolo vi è associato qualche giovane esemplare di Leccio o Sughera.
Con ricca lettiera tra autunno ed inverno non mancano i numerosi Leccini o Porcinelli invernali (Leccinellum lepidum) ed il Leccinellun corsicum, quest’ultimo soprattutto in presenza anche di cespugli di Cisto.
Se non mancano le piogge e la lettiera è sufficientemente bagnata, tra fine autunno ed inizio inverno abbondano tra i Corbezzoli anche le pseudo russule tanto amante nelle regioni mediterranee prossime al mare.
In Toscana per esempio gli Hygrophorus russula ed Hygrophorus penarius sono tra i funghi più amati e raccolti del periodo autunnale-invernale. Conosciuti come Laradioli vinati o Lardaioli bianchi, in Toscana, vengono raccolti ed apprezzati in tutte le regioni del Sud ed Isole.
Sono comunque decine i funghi che amano vegetare in associazione con il Corbezzolo, Russule varie, Amanite, Galletti/Gallinacci ed altri Imbutiformi quali le Trombette dei Morti.