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Micorriza
Micorriza indica un particolare sistema di nutrizione dei funghi, detti simbionti, che attraveso la micorrizazione colonizzano le radici di alcune piante per trarne reciproco vantaggio
Micorriza, micorrizia
INDICE
- 1 Micorriza, micorrizia
- 1.1 SIMBIOSI MICORRIZICHE
- 1.2 COLONIZZAZIONE DELLE RADICI DELLE PIANTE
- 1.3 In base ai criteri anatomici e morfologici, le micorrize si possono dividere in 3 grandi gruppi che sono:
- 1.4 PIU’ RADICI MICORRIZATE, PIU’ SALI MINERALI ASSORBITI
- 1.5 AD OGNI PIANTA I SUOI FUNGHI
- 1.6 Alcune curiosità linguistiche
- 1.7 Related - Voci correlate
- 1.8 Condividi:
- 1.9 Correlati
In inglese: Mycorrhiza
Il termine Micorriza, deriva dal greco antico: μύκης, mýkēs = fungo e eῥίζα, rhiza = radice.
Con questo termine si indica un particolare sistema di nutrizione dei funghi cosiddetti simbionti (nutrimento dei funghi) che si realizza attraverso un’associazione simbiotica, che si instaura tra un fungo ed una pianta superiore, nella fattispecie, tra il micelio del fungo e l’apparato radicale della pianta che è detta ‘simbionte vegetale‘ oppure ‘ospite‘ o anche ‘ospitante‘.
Quest’associazione simbiotica è anche detta simbiosi micorrizica e si viene a realizzare tra alcuni funghi detti micorrizici ed alcune piante dette ‘ospiti‘, per mezzo di ife specializzate di un micelio che ha proprio questo compito, talvolta anche per mezzo di strutture più complesse dette rizomorfe, entro il ricco strato di humus, il substrato fertile in cui è concentrato il maggior quantitativo di radici e miceli, oltre che nella cosiddetta lettiera o, più genericamente, all’interno dello strato superficiale di terreno detto ‘rizosfera‘, la porzione di suolo che circonda le radici delle piante.
Attraverso la Micorriza (o Micorrizia), due organismi portano avanti il proprio ciclo vitale vivendo in simbiosi, ovvero a stretto contatto tra di loro, traendo reciproci benefici, sia di natura nutrizionale (scambio di acqua, nutrienti-composti minerali) sia di altro tipo, come ad esempio di difesa contro lo stress ambientale e persino malattie.
In alcuni casi (non rari, ma neppure troppo frequenti), tra piante ospiti e funghi si crea un vero e proprio antagonismo. Se prevale lo sfruttameto delle piante da parte dei funghi, le prime potrebbero subire infecondità, viceversa se prevale lo sfruttamento dei funghi da parte delle piante, quest’ultime potrebbero addirittura ‘digerire’ le ife fungine annidate entro le cellule corticali delle radici (micotrofìa, comportamento mico-eterotrofico).
Se non intervengono squilibri boschivi causati dall’uomo (cause antropiche dirette) o squilibri dovuti ai cambiamenti climatici (cause antropiche indirette), o anche malattie cagionate da funghi o insetti infestanti-parassiti, di norma la simbiosi micorrizica è una rivoluzionaria, quanto straordinaria forma di sopravvivenza, messa a punto nel corso di millenni di evoluzione, che interessa in ugual misura tanto i funghi micorrizici, quanto le piante micorrizate.
SIMBIOSI MICORRIZICHE
Gli esempi più conosciuti di simbiosi micorriziche, riguardano tra i funghi, per esempio i Tartufi, noti per micorrizare riccamente le radici, per esempio di Querce, Noccioli, Carpini. → vedi funghi simbionti.
Anche i funghi Porcini vegetano, necessariamente, creando simbiosi micorrizica, e lo fanno colonizzando le radici di Abeti bianchi o Abeti rossi, Betulle, Carpini, Castagni, Corbezzoli, Ornielli, Faggi, Tigli, vari tipi di Pino o altre piante secondarie → Approfondisci l’argomento ‘simbiosi micorriziche tra funghi porcini e i loro alberi simbionti‘ andando nella sezione-categoria di funghimagazine.it, per scoprire quali sono → gli Alberi dei Funghi → oppure leggendo l’articolo → Gli alberi dei funghi Porcini.
La simbiosi micorrizica però, non interessa solamente i Tartufi o i ricercati funghi Porcini, così come non interessa esclusivamente le piante appena citate.
Sono infatti numerosissime le piante che ricorrono allo stratagemma di farsi micorrizare dai funghi, per poter aumentare la propria capacità di assorbimento di acqua e nutrienti dal terreno.
Si calcola infatti che, più del 90% delle piante di una foresta abbiano il proprio apparato radicale micorrizato da una o più Specie fungine ma, questo fenomeno non riguarda solamente le specie legnose, ma anche le comuni specie erbacee, non solo perenni, ma anche annuali quali anche il mais, cereali, frumento eccetera.
A differenza delle piante, dette organismi autotrofi perché in grado di svolgere la propria funzione di nutrizione, elaborando alimenti inorganici mediante assunzione d’energia dal mondo inorganico, i funghi sono detti organismi eterotrofi perché non sono in grado di sintetizzare autonomamente, a partire da molecole inorganiche, tutte le proprie molecole organiche indispensabili al proprio mantenimento (necessitano quindi di elementi già elaborati da altri esseri viventi, come è per tutti i funghi superiori).
Approfondendo meglio il concetto dell’eterotrofia, ti ricordo che i funghi non sono in grado di produrre in proprio sostanze zuccherine (indispensabili al corretto mantenimento del proprio metabolismo), derivanti dalla fotosintesi clorofilliana, poiché i funghi non posseggono foglie.
Il loro processo evolutivo li ha portati a condurre un’esistenza sotterranea infatti, il fungo vero e proprio, non è quell’ammasso di ife che noi smaniosamente raccogliamo nel bosco e portiamo a casa, ma è ciò che né raccogliamo, né vediamo, perché vive e vegeta all’interno del terreno.
Vivendo sottoterra i funghi hanno imparato a procurarsi le sotanze zuccherine traendole già sintetizzate, pronte all’uso, dalle radici delle piante superiori.
Nel suo continuo accrescimento ed espansione, il micelio fungino sarà alla continua ricerca di nuovi capillari radicali da poter colonizzare. Tanto più il terreno sarà fertile, friabile, accogliente, umido, tanto maggiore sarà il suo ritmo di accrescimento. Viceversa, un terreno duro-compatto, secco, privo o povero di nutrienti, ostacolerà il processo di espansione del micelio.
Come puoi leggere nel mio articolo-racconto: in un racconto, ti narro come nasce un Fungo Porcino, in condizioni ambientali ideali, un micelio può accrescere ad un ritmo di 10-15 millimetri all’ora, coprendo in meno di quarantott’ore una distanza di quattro metri (*Govi Gilberto – Introduzione alla micologia- Edagricole 1986*).
A favorire questa frettolosa crescita, oltre ad un terreno fertile ed adeguatamente umido, interviene la presenza nella rizosfera di speciali attrattori chimici rilasciati dalle radici delle piante che, attraverso essudati di feromoni, di trealosio ed altre sostanze zuccherine (protoplasma), attirano a sé i miceli desiderosi di espandere continuamente il proprio aerale di distribuzione.
Una volta individuati questi attratori chimici, il micelio inizia a colonizzare le radici capillari delle piante e lo fa partendo proprio dalle radichette più sottili, che nel caso di una generica micorriza, avvolge (non penetra) con una guaina di ife a mantello detta micoclena, mentre nel caso di una ectomicorriza, penetra al di sotto della corteccia della radice, con un fitto reticolo di ife fungine sottocorticali detto reticolo di Hartig.
COLONIZZAZIONE DELLE RADICI DELLE PIANTE
La colonizzazione delle radici capillari della pianta ospite, da parte del fungo simbionte-micorrizico, consente il reciproco scambio di nutrienti tra cui fosforo, azoto, sostanze zuccherine, sali minerali, vitamine, proteine, oltre che acqua ed ossigeno.
Attraverso questo rivoluzionario sistema di reciproco scambio mutualistico, a trarre indiscutibili vantaggi sono, tanto le piante ospiti, quanto i funghi ospitati che, così facendo, non avranno un indesiderato comportamento da funghi parassiti.
L’estesissimo complesso miceliare della colonia fungina, che può addirittura oltrepassare un centinaio di ettari di estensione, consentirà alla pianta ospite di allaragare smisuratamente il suo raggio d’azione che, diversamente non potrebbe mai coprire con le sue semplici radici.
Si calcola infatti che, il fungo da record noto e più esteso al mondo, è un unico, gigantesco, esemplare di Armillaria ostoyae, una varietà di fungo Chiodino che si trova nella foresta nazionale di Malheur nell’Oregon (USA) e che occupa un’area totale di 965 ettari, corrispondente a circa 1380 campi da calcio regolamentari. Si stima che questo enorme fungo possa pesare tra le 6.800 e le 31.750 tonnellate e che abbia almeno tra i 1.900 e gli 8.650 anni di vita. Tanta, tanta roba per un unico fungo.
Ma non credere che si tratti di un’eccezione!
Ogni colonia fungina infatti è in grado di espandere continuamente il proprio raggio d’azione e lo fa colonizzando da saprofita, da simbionte o da parassita, lettiere-humus, radici, piante. La sua espansione non ha limiti, se non gli ostacoli orografici naturali (complessi rocciosi, deserti, fiumi, terreni inospitali) o quelli creati artificialmente dall’uomo (campi coltivati, centri abitati, infrastrutture varie).
Se non intervengono avversità importanti, il micelio può vivere centinaia di anni, legandosi indissolubilmente con altri miceli di nuova generazione, che entreranno a far parte della storica colonia fungina, divenendone un tutt’uno, man mano che si formeranno ed accresceranno.
Le Specie arboree che ‘accettano‘ la simbiosi micorrizica appartengono a svariati Generi e Famiglie, che siano conifere o latifoglie, caducifoglia o sempreverdi, ma anche semplici erbe e persino gli ortaggi o le piante da fiore e da frutto che coltiviamo nei nostri orti.
Forse è più semplice elencare le Specie vegetali che rifiutano di essere micorrizate, dal momento che sono una netta minoranza. Tra queste ci sono Specie appartenenti alle Famiglie delle Chenopodiaceea (barbabietola, biete, bietole), delle Crucifere/Crocifere (Brassicaceae) (cavoli, colza, rape, lunarie, cardamine), delle Giuncacee (Juncaceae) (alcuni giunchi, luzola) e delle Ciperacee (Cyperaceae) (carice, paviera, erbe coriacee).
I funghi micorrigeni comprendono un centinaio di Generi e, come già accennato, non riguardano solamente i noti Tartufi o funghi Porcini, ma anche altre Boletacee o funghi con la spugna quali i Leccini, Pinaroli, Pinaioli, Laricini; Cantarelli/Galletti ed altri funghi imbutiformi tra cui anche le Trombette dei Morti e le Finferle, le Russule, Lattari, Amanite e molti altri ancora.
In base ai criteri anatomici e morfologici, le micorrize si possono dividere in 3 grandi gruppi che sono:
- Ectomicorrize (micorrize ectotrofiche)
- Endomicorrize (micorrize endotrofiche)
- Ectoendomicorrize (micorrize ectoendotrofiche)
Puoi approfondire la conoscenza di questi argomenti consultando le singole voci in *Enciclopedia ma, per intanto ti posso anticipare che:
- le Ectomicorrize riguardano la maggior parte delle piante forestali, siano esse conifere o latifoglie. La maggior parte delle Specie fungine ectomicorriziche è incapace di utilizzare zuccheri complessi come fonte di carbonio. Si riconoscono anche ad occhio nudo per la forma clavata-rotondeggiante che assume l’apice radicale, oltre che per l’assenza dei peli assorbenti, tipici delle radici secondarie, normalmente preposte proprio per l’assorbimento. Al microscopio ottico l’ectomicorriza è costituita da un mantello esterno di ife, detto micoclena, e da un reticolo interno alla radichetta detto Reticolo di Hartig (*approfondisci alle specifiche voci).
La maggior parte dei funghi che formano ectomicorrize sono dei Basidiomiceti Agaricacei, ma ve ne sono anche alcuni tra i Gasteromiceti ed Ascomiceti.
Tra i Basidiomiceti vi sono Specie appartenenti ai Generi: Amanita, Boletus, Cortinarius, Paxillus, Phallus, Pisotithus, Rhizopogon, Russula, Scleroderma e poi ci sono gli Ascomiceti dei Generi Elaphomyces, Tuber ed altri. - Le Endomicorrize sono costitutite da ife esterne che non formano alcun mantello (micoclena), si propagano all’interno della radice e penetrano le sue cellule. Non sono visibili ad occhio nudo ma si osservano solo al microscopio ottico. Possono essere vescicolo-arbuscolari (Ericacee ed Orchideacee), o endomicorrize semplici delle Ericales o delle Orchidee.
- Le Ectoendomicorrize sono caratterizzate dalla presenza di un manicotto fungino e dalla penetrazione intracellulare del micelio simbionte. Possono essere di due tipi: ectoendomicorrize delle radici di conifere di vivaio, o endoectomicorrize di tipo arbustoide. Quelle di primo tipo vedono un Reticolo di Hartig importante, che non esiste nelle tipiche ecotomicorrize e riguardano essenzialmente piantine di Pinus e Picea. Le seconde sono presenti nelle Ericales del genere Arbustus, Arcostaphylos uva-ursini e Monotropa. Hanno un reticolo di Hartig con penetrazione intracellulare importante, con formazione di gomitoli ifali presenti entro le cellule corticali. La funzione di questa simbiosi sembra essere di tipo accumulatorio, ad esclusivo vantaggio della pianta ospite. Il fungo simbionte infatti immagazzina-accumula sostanze nutritive che restituirà alla pianta solamente quando questa ne avrà più necessità.
PIU’ RADICI MICORRIZATE, PIU’ SALI MINERALI ASSORBITI
Micorrize ed Ectomicorrize intervengono attivamente sulla nutrizione minerale, aumentando notevolmente la capacità della pianta di assorbire elementi quali il fosforo ed altri ioni minerali come il potassio, zinco e zolfo.
L’effetto benefico che la micorriza apporta all’ospite lo si riscontra soprattutto nella sua più rapida crescita, dovuta ad un aumento significativo di fosforo contenuto nella pianta e ad un parallelo maggior sviluppo radicale. La quantità di fosforo assorbita da radici micorrizate è infatti nettamente superiore rispetto a radici che non lo sono.
L’utilizzo di ectomicorrize in ambito agricolo è oggi una pratica ampiamente diffusa, proprio perché i funghi micorrigeni riescono ad assorbire il fosforo solubile da sorgenti ben distanti dalle radici della pianta, trasportandolo rapidamente(*1) e attivamente verso la pianta stessa. La lunghezza delle ife fungine che si sviluppano attorno ad ogni centimetro di radice micorrizata è di circa un metro e mezzo. Un peletto radicale assorbente non misurerà mai più di un paio di centimetri.
(*1) In laboratorio si è calcolato che in una ectomicorriza, il fosforo (P) assorbito dal terreno tramite le ife fungine esterne, viene accumulato nei vacuoli sotto forma di polifosfati e trasportato dal micelio all’interno della radice della pianta ospite, fino all’apice dell’arbuscolo, secondo questa formula: da 1.0 a 2.0 x 10-9 moli di P cm-2 sec-1. In termini pratici, un tempo assai rapido, se non del tutto rapidissimo. Solamente la bassa temperatura ed i relativi inibitori metabolici (citocalosina B) da essa indotta, possono rallentare notevolmente questo flusso, ragion per cui, si può dedurre che, in presenza di un clima costantemente freddo, rallenta lo sviluppo della pianta ospite ma, rallentano anche le fruttificazioni e quindi le nascite di funghi simbionti-micorrizigi o micorrigeni, che dir si voglia (*Govi Gilberto – Introduzione alla micologia- Edagricole 1986*).
AD OGNI PIANTA I SUOI FUNGHI
Occorre fare una distinzione tra funghi simbionti esclusivi e funghi simbionti generici, ovvero tra funghi che generano simbiosi con alto o con basso grado di specificità.
I simbionti generici o aspecifici, nonché anche a basso grado di specificità, sono funghi di bocca buona. Funghi che si adattano a creare micorrize con qualunque pianta sia micorrizabile.
I simbionti esclusivi o ad alto grado di specificità, viceversa sono molto selettivi, se non del tutto esclusivi, come dice il termine stesso, e non si adattano a creare micorrize con chiunque capiti, ma solo ed esclusivamente con ‘piante amiche’, piante che potranno ospirare esclusivamente le micorrize di talune specie fungine e non di altre.
Per fare alcuni esempi pratici, il Larice è uno degli alberi più esigenti nell’ambito forestale italiano. Non si lascia micorrizare dal primo fungo che passa, ma solo ed esclusivamente da alcuni funghi della famiglia delle Suillaceae detti Laricini (Suillus grevillei, Suillus elegans).
Il Cisto si lascia micorrizare esclusivamente dal Leccinellum corsicum.
Il Leccio, pur gradendo la presenza di funghi Porcini, Lardaioli, Galletti ed altri, preferirebbe esser colonizzato-micorrizato dal leccinellum lepidum, non a caso in italiano questo fungo è comunemente detto Leccino.
L’Ontano pure ha un suo fungo esclusivo che si chiama Gyrodon lividus, una Boletales della famiglia delle Paxillaceae rinvenibile esclusivamente sotto questo albero.
Il Frassino poi, è noto per la sua parzialità nei confronti delle Morchelle che, soprattutto nelle varietà Morchella esculenta var. esculenta e Morchella esculenta var. vulgaris, le invita spudoratamente a smettere di nutrirsi come se fossero funghi saprofiti, spingendole a legarsi a lui in qualità di funghi simbionti-micorrizici esclusivi, per far ciò è facile che utilizzi i soliti attratori chimici (feromoni o citoplasma ricco di sotanze nutritive indispensabili alla sopravvivenza delle morchelle stesse).
Trovi molti altri esempi di funghi simbionti che si legano a specifiche piante alla voce → Simbionte.
Ci sono infine una piccola serie di piante che non si limitano soltanto a farsi colonizzare-micorrizare da alcuni funghi ma, si spingono ben oltre, invitandoli a creare floride micorrize ma poi, ad un certo punto, unilateralmente decideranno di rompere i patti. Così come accennato in apertura, si tratta di piante a comportamento micotrofìco, ovvero di piante che, per continuare a nutrirsi, avranno necessità di uccidere per nutrirsene, il fungo ospitato.
Le piante dette micotrofiche o micoeterotrofiche (e mixotrofiche) non sono in grado di realizzare la fotosintesi clorofilliana, oppure hanno foglie ben sviluppate ma, vivendo nel sottobosco, in presenza di poca luce, hanno una scarsa capacità fotosintetica.
Per poter sopravvivere hanno quindi necessità di ricavare il carbonio, quale fonte di energia, attraverso reti micorriziche e lo fanno intrufolandosi là dove la concentrazione di Micorrize è più elevata.
Per ammaliare le colonie fungine, questi vegetali corteggiano i funghi, li inducono a fargli penetrare le proprie radici ma poi, a colonizzazione avvenuta, iniziano a mettere in atto un processo digestivo che farà dapprima morire le ife, quindi attaccherà i ‘gomitoli ifali’ che gelatinizzano e vengono subito dopo digeriti durante la fioritura delle piante, ormai divenute parassite.
Sono micotrofiche, piante della famiglia delle Burmanniaceae, le Orchidee (Orchidaceae) (anche alcune di terra, Neottia, Corallorhiza), Ericaceae, (Calluna vulgaris, Erica carnea), Monotropaceae, Gentianaceae.
Alcune curiosità linguistiche
ATTENZIONE AL TERMINE GIUSTO
Micorriza è il termine corretto per definire un’associazione simbiotica tra funghi e piante. Nella fattispecie la parola indica una particolare struttura che è l’intreccio di apposite ife di un micelio fungino, atte a colonizzare le radici delle piante ospiti
Micorrizia è un sinonimo, bislacco ma, tutto sommato accettato, di Micorriza
Micorrizza o Micorrizzazione (con la doppia Z) è una forma anomala ed obsoleta, anche se ancora spesso utilizzata, soprattutto sul web, al posto dell’appropriato termine Micorriza, scritto e pronunciato correttamente con una sola lettera Z
Micorrizazione è il verbo che si utilizza per descrivere il processo di colonizzazione, da parte di un fungo simbionte o micorrizico, su o entro radici di piante ospiti. Questo processo da’ origine ad una Micorriza. Oggigiorno, col termine Micorrizazione si usa indicare una pratica agricola, ormai divenuta piuttosto diffusa, che consiste nel far attaccare l’apparato radicale della pianta da appositi funghi non patogeni, detti funghi Simbionti o anche funghi Micorrizici o funghi Micorrigeni, al fine di migliorare la produttività agricola
Micorrizico, che è in relazione, che ha a che fare con la micorriza
Micorrigeni sono detti i funghi simbionti che, per poter vegetare correttamente, hanno necessità di instaurare un rapporto di simbiosi, quindi micorrizico con alcune piante
Simbiosi Micorrizica è l’associazione simbiotica che si instaura tra pianta e fungo
Simbionte Vegetale è la pianta che si lascia micorrizare dal fungo
Fungo Micorrizico è un fungo in grado di formare una micorriza
Associazione Micorrizica è sinonimo di Associazione simbiotica
Reti Micorriziche sono delle vere e proprie reti, intrecci di miceli originatisi attraverso l’unione di diverse colonie fungine adiacenti, ognuna generata da funghi ‘consanguinei’, originati da funghi dello stesso ceppo familiare
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